Wednesday: I keep a picture of you in my wallet
Wednesday: Whenever i face a difficult situation, i look at it
Y/N: Aww
Wednesday: .. And i tell myself "if i can deal with this idiot, i can deal with anything"
Become who you were born to be!
Giulia salì i gradini della scala di acciaio fino ad arrivare allo scaffale che le interessava, cercando poi la giusta posizione del libro che aveva in mano per metterlo in ordine con gli altri libri poi si fermò un secondo a guardarsi intorno: le piaceva lavorare in quel posto, aveva la sensazione di poter essere, facendo solo pochi passi, ovunque e in qualunque epoca desiderasse; poteva essere a Firenze, nel laboratorio di Leonardo Da Vinci a studiare i suoi progetti e solo uscendo dalla sua bottega, poteva ritrovarsi sul ponte della Pequod a tentare di arpionare Moby Dick insieme al capitano Achab e, solo rientrando in stiva, rischiava di prendersi una mela in testa e scoprire la legge di gravità insieme a Newton. Era meraviglioso: ogni artista, ogni scienziato, ogni scrittore continuava a vivere lì, in mezzo a quelle librerie di legno scuro polverose e piene di volumi di ogni grandezza e colore.
Era silenzioso, ecco un altro motivo per amare quel posto: si sentiva al massimo qualche sussurro, il rumore delle pagine sfogliate, qualche passo, ogni minimo suono era amplificato dall'eco che si propagava nell'aria e.. l'odore! Quanto le piaceva respirare a fondo l'odore unico e inconfondibile dei libri! Il tipico profumo di muffa, carta e petrolio che si trova nelle librerie e nelle biblioteche. E poi c'era il suo motivo preferito,quello per cui passava volentieri il tempo su una scala instabile pur di avere un buona visione su di lei: Rachele Gentile.
Voltò lo sguardo verso di lei, attenta a non farsi notare. Veniva ogni pomeriggio e sedeva sempre allo stesso posto: vicino alla grande finestra, in fondo alla sala più grande. Sfilava dalla tracolla quadernini, penne, libri e gli immancabili pocket coffee e passava circa tre ore lì dentro, da sola. Giulia lasciava ogni giorno i libri da ordinare sugli scaffali più vicini a quella scrivania finchè non arrivava lei e poi li metteva in ordine lentamente, fin troppo lentamente. Ormai il suo passatempo preferito era osservarla: conosceva ogni ombra e ogni gioco di luce che il sole, entrando dal vetro della finestra, faceva sulla pelle chiara, quasi diafana, il modo in cui illuminava il suo viso sottile mostrando meglio le lentiggini quasi sbiadite che lo adornavano, conosceva il modo in cui si raccoglieva i capelli rossicci in una coda morbida, il modo in cui si mordicchiava le labbra rosa e sottili quando era concentrata su ciò che stava studiando: aveva una cotta abissale per quella ragazza. Sospirò e mise al loro posto anche gli altri due libri che andavano in quella fila, poi scese dalla scala.
-Perchè non vai lì a parlarle?- La signora Corridori, la donna che le stava facendo il tirocinio e che da lì a poco avrebbe sostituito nel ruolo di bibliotecaria, la sorprese facendola sobbalzare sul posto: aveva il passo felpato quella donna, non l'aveva proprio sentita arrivare.
-A chi?- Chiese la giovane, fingendo perplessità: era davvero così trasparente o era la signora Rossana a saperla leggere meglio di quanto la giovane castana credeva?
-Credi sia cieca? Mi riferisco alla signorina che guardi da mesi invece di lavorare.- Disse con tono di rimprovero, con quell'intonazione burbera a cui Giulia aveva iniziato ad abituarsi: Rossana Corridori era un donnino decisamente basso ed esile ma sapeva di certo come farsi rispettare, addirittura incuteva un certo timore vista l'espressione del viso sempre incazzata e quel tono di voce sempre altero ma la giovane sapeva che, in fondo, anche la donna più anziana si fidava di lei.. Non era raro che la lasciasse da sola mentre lei si chiudeva nel piccolo ufficio per dormicchiare sul divano. Giulia aggrottò la fronte -Io.. Lavoro!- Non sapeva davvero come difendersi: era stata beccata con le dita nel barattolo di marmellata. Era stata beccata ben due volte: la prima perchè, vero, da mesi non faceva altro che osservarla e la seconda perchè non le aveva mai parlato, conosceva il suo nome solo perchè l'aveva visto sulla sua scheda di iscrizione e sapeva che studiava lettere moderne perchè aveva inserito il suo nome su google e sapeva che giocava a pallavolo perchè c'erano le foto sul suo profilo facebook e.. E a pensarci si sentiva davvero una stalker. Aveva pensato mille volte di avvicinarsi con una scusa qualsiasi, presentarsi, parlarle, dirle qualcosa ma si sentiva così banale, piccola e patetica di fronte a quella ragazza che, oltre ad essere bellissima, era anche apparentemente così intelligente, così interessante.. Come avrebbe mai potuto LEI riuscire a interessarle anche lontanamente? Come avrebbe mai potuto attirare la sua attenzione? Aveva così poche armi a sua disposizione.
-Sì, come no. Visto che “lavori” vai a mettere a posto i libri che sono rimasti sul bancone.- Le ordinò Rossana con tono risoluto, inserendo anche una leggera vena ironica nella frase. Era sempre così simpatica.. Si voltò un'ultima volta verso la fine della grande sala ma, al posto di Rachele, era rimasto solo un quadernino nero.
Continuava a rigirarsi quel taccuino tra le mani, tentando di combattere il desiderio di aprirlo e dare un'occhiata: aveva giusto aperto la prima pagina, quella dove solitamente si scrive l'intestazione, solo per verificare che fosse effettivamente suo ma guardare ciò che era scritto all'interno era tutta un'altra storia, già si sentiva in colpa per tutte le ricerche fatte su di lei. Alzò il volto quando sentì il barista portarle il caffè che aveva ordinato al tavolo e, in un gesto istintivo, quasi a volerlo proteggere, sollevò il quaderno dal tavolino nero. Dopo vari dubbi l'aveva chiamata, aveva preso il numero dalla sua scheda e l'aveva chiamata, la rossa le aveva dato appuntamento al bar di fronte alla biblioteca: quelli erano appunti fondamentali per l'esame che avrebbe dovuto sostenere il giorno dopo ma era già tardi, non aveva il tempo materiale per tornare in biblioteca a prenderlo. “Possiamo vederci davanti al bar tra mezz'ora?” Le aveva chiesto “Sarà una cosa veloce, prendo il quaderno e vado via. Mi salveresti la vita, davvero!” Come poteva Giulia dirle di no? Come avrebbe potuto rifiutare quel piccolo favore alla ragazza che da mesi aveva preso il controllo della sua mente? Non riuscì a non ripensare a quanto si sentisse goffa e stupida parlando con lei al telefono: non era mai stata una grande amante delle telefonate e con Rachele dall'altro lato della linea, paradossalmente, ancora meno; si sentiva agitata, tesa, era come se avesse voluto a tutti i costi fare bella figura con risultati disastrosi. Non voleva proprio sapere che idea Rachele si fosse fatta di lei da quelle due battute.
Sentì i campanellini collegati alla porta del locale tintinnare e si sporse leggermente per controllare chi fosse, vedendo entrare un uomo di mezz'età, elegante, con il viso arrossato dal freddo. Non era lei, decisamente.
Si rilassò nuovamente sulla sedia con un sospiro: sarebbe arrivata, quel quaderno le serviva, non le avrebbe dato buca.
La porta si aprì di nuovo e Giulia si sporse nuovamente, ormai in modo quasi inconscio, per vedere chi fosse: era lei. Indossava un cappotto lungo e nero, il collo era coperto da una sciarpa marrone che, alla vista, aveva tutta l'aria di essere morbidissima. Giulia sospirò: chissà se anche la sua pelle era così morbida.
Si alzò sollevando anche una mano per farsi notare e Rachele sorrise avvicinandosi. -Grazie di avermi aspettata! Senza questi non avrei davvero saputo come fare!- Disse trafelata, era evidente che aveva tentato di fare più in fretta. -Non c'era bisogno di correre, avrei aspettato.. Ormai ero qui!- “Ormai ero qui”.. Si sentiva un'idiota. Perchè l'aveva detto? Perchè?! Era un disastro con le ragazze che le piacevano, fin dalle prime cotte alle scuole superiori; sperava che una volta cresciuta le cose potessero cambiare, che sarebbe diventata un po’ più disinvolta davanti a chi credeva affascinante ma niente, quindici o trent'anni la storia era sempre la stessa. Si rese conto di avere ancora il quaderno tra le mani e -Ecco, tieni!- Aggiunse, porgendo alla ragazza l'oggetto per cui era tornata fin lì. Le loro dita si sfiorarono appena e la castana trasalì sentendo come una scossa propagarsi per tutto il braccio: fu inutile tentare di non chiedersi se la ragazza avesse avuto la stessa sensazione, la stessa scossa. -Grazie di nuovo!- Aveva un sorriso così gioviale, era contagioso: non se n'era mai resa conto, esattamente come non aveva mai notato che sotto quegli occhiali sottili si nascondevano due perle di un azzurro così chiaro da sembrare quasi grigi.
-Posso.. Posso offrirti qualcosa? Un caffè, magari..- Propose la castana ma Rachele le sorrise nuovamente -No, sono di fretta ma grazie. Ci vediamo, Giulia.-
Giulia.
Conosceva il suo nome.
Il cigolio delle rotelle del carrello che stava spingendo per raccattare i libri lasciati sui grandi tavoli echeggiava per la grande sala, in un luogo rumoroso quel suono sarebbe passato inosservato ma in un posto così silenzioso sembrava prendere il sopravvento su qualsiasi altro rumore presente lì dentro. Era un'altra giornata tranquilla, quasi noiosa, una di quelle in cui fermarsi a riflettere su ciò che tormenta la mente è quasi obbligatorio. Non era riuscita, nei due giorni precedenti, a non pensare a Rachele e al fatto che la ragazza sapesse il suo nome: si era fatta mille domande, mille paranoie, mille film mentali solo da quel minimo dettaglio. Di certo non l'aveva sentito dalla signora Corridori, quella donna la chiamava solo per cognome, quando la chiamava, la maggior parte delle volte le diceva direttamente cosa fare, senza darsi il disturbo di darle un nome. Non riusciva a comprendere da dove l'avesse sentito, come lo conoscesse e, cosa che più la lasciava perplessa, del fatto che se lo ricordasse.. Bisogna prestare attenzione per ricordare un nome.. O no? Si fermò accanto ad un tavolo dove c'erano svariati libri appoggiati e iniziò a raccoglierli e a dividerli, per come riusciva, per poi riuscire a fare più in fretta quando li avrebbe rimessi a posto. Alzò lo sguardo verso il fondo della sala: Rachele era lì, come ogni pomeriggio, e.. La stava guardando? E’ possibile che il cuore si fermi? Perchè nel momento stesso in cui i suoi occhi incontrarono quelle due gocce di rugiada sorridenti, era certa che tutto nel mondo si fosse fermato, compresi i suoi organi vitali, compreso il tempo. Quello sguardo durò un secondo e, allo stesso tempo, durò un tempo indefinito. La rossa, quando lo sguardo fu ricambiato, le sorrise e, con un gesto delle dita della mano destra, le fece segno di avvicinarsi a lei, sventolando poi il pacchettino di pocket coffee. Giulia ebbe quasi l'istinto di voltarsi a controllare se dietro di lei ci fosse qualcuno e che Rachele stesse chiamando quella persona ma resistette a quell'impulso, abbandonò il carrello dov'era e si avvicinò alla ragazza rossa che continuava a sorriderle radiosa.
-Volevo ancora ringraziarti per avermi aspettata l'altra sera. Dai, siediti!- Disse, per poi porgerle uno dei cioccolatini nel tubetto di carta. Giulia abbozzò un sorriso e si sedette di fronte a lei, prendendo poi ciò che la ragazza le stava porgendo. A parte quel veloce incontro al bar qualche sera prima, era la prima volta che stava così vicina a lei, si sentiva così goffa, così stupida.. Voleva dire qualcosa di intelligente ma tutto ciò che le veniva in mente era solo un cumulo di banalissime stronzate. -Com'è andato, poi, l'esame?- Chiese, ricordandosi di ciò che le aveva detto di quegli appunti che aveva lasciato lì in biblioteca. Rachele sorrise. Ah, quel sorriso.
-Bene. Pubblicheranno i risultati solo tra qualche giorno ma sono tranquilla. Finalmente posso leggere il libro che voglio!- Ridacchiò alla fine, facendo abbassare lo sguardo della castana verso ciò che stava leggendo: era un libro non molto spesso, sembrava un tascabile. I libri universitari non erano così, li vedeva agli studenti che andavano a studiare lì e nessuno le era sembrato così piccolo. -Non stai studiando?- Chiese allora, puntellando il gomito sul tavolo e appoggiando la testa sopra la mano. Rachele scosse la testa. -Nossignore, era l'ultimo esame della sessione.- Disse, sollevando il libro appoggiato al tavolo e mostrando a Giulia la copertina.
Stravagario. Pablo Neruda.
A Giulia venne da ridere: una risata non divertita, nervosa e allo sguardo interrogativo con cui la stava guardando la rossa rispose con un -Ma ce l'hai un difetto?- Ogni cosa che scopriva di lei la portava un gradino sempre più in alto, fuori dalla sua portata. Il sorriso confuso sulle labbra della rossa divenne un cipiglio sorpreso, i suoi occhi la guardavano fin troppo intensamente per riuscire a respirare o a resistere all'impulso di baciare quelle labbra imbronciate
-Pensi io sia perfetta?- chiese con un filo di voce, senza staccare gli occhi da quelli color nocciola ella castana. C'era una strana elettricità tra loro, una strana energia e nemmeno le mille insicurezze di Giulia potevano negarlo. -Smettila di infastidire le persone che studiano e sposta il carrello che ingombra!- la voce della signora Corridori arrivò forte e chiara, facendo scoppiare quella bolla di elettricità che aveva rinchiuso Giulia e Rachele e che aveva lasciato il resto del mondo fuori. -Non disturbava affatto, le ho chiesto io di tenermi compagnia.- Rispose Rachele in modo sereno, voltandosi poi verso Giulia -..E in ogni caso non stavo studiando.- Giulia le sorrise e si alzò, prendendo il cioccolatino lasciato lì sul tavolo poco prima. -Grazie per questo- Le sorrise: aveva intenzione di andare verso il carrello e continuare il lavoro che avrebbe dovuto fare anziché stare seduta a sognare ad occhi aperti ma non aveva proprio voglia di allontanarsi da quella ragazza che si stava dimostrando, oltretutto, così gentile e dal sorriso sempre pronto, un sorriso che, oltre a farle saltare battiti su battiti, le trasmetteva in qualche modo anche serenità. -Neruda, eh? E c'è qualcuno a cui pensi mentre leggi queste poesie?- Chiese Rossana e Giulia non potè muoversi, doveva ascoltare la risposta della rossa. -..Forse.- Rispose con tono casuale.
Giulia pensò a quelle cinque lettere per i successivi cinque giorni.
No, non poteva essere lei. Ci aveva pensato a fondo, aveva esplorato ogni possibilità ed era giunta alla conclusione che non esisteva nei nove gironi dell'inferno di Dante che Rachele si stesse riferendo a lei con quel “forse”. Non che le desse torto, sia chiaro, come poteva una ragazza così intelligente, così gentile, così bella essere interessata.. A lei? A lei, che non riusciva nemmeno a essere spontanea di fronte alla rossa, a lei così goffa e timida e imbranata.. A lei, non che questo rendesse la cosa meno dolorosa, no, ma comprendeva. Una palla di neve all'inferno avrebbe avuto più possibilità di lei. Iniziava a chiedersi perchè la vita non le desse nemmeno l'illusione che qualcosa poteva avere un lieto fine: dopo mesi di sogni ad occhi aperti, di rassegnazione aveva visto un minuscolo spiraglio di luce, una crepa e subito era stata coperta, riparata. Perchè? Che tristezza.
In ogni caso, aveva deciso che le serviva una pausa, una tregua da Rachele: doveva disintossicarsi da quella cotta e iniziare ad abbassare le pretese.
Erano giorni che tentava i controllarsi, di non guardarla, di non farsi i castelli in aria.. Era difficile, molto difficile, soprattutto era difficile allontanare quel piccolo nodo che le annodava la gola quando si ricordava che anche la rossa provava tutte le emozioni che stava sperimentando lei, solo.. per un'altra persona: magari dedicava a quel fortunato la stessa canzone che Giulia associava a lei, o una qualsiasi frase trovata su internet.
Era difficile non rimanerci male ogni volta che questi pensieri la sfioravano ed era ancora più difficile, se non impossibile, tentare di allontanarsi mentre Rachele le sorrideva e la guardava. Aveva deciso di ignorare anche lei, per quanto ci riuscisse: più volte la rossa aveva cercato di chiamarla al tavolo, di parlarle ma Giulia prendeva ogni volta la scusa di dover fare qualcosa dall'altra parte della biblioteca e si allontanava, riparandosi solitamente nell'ufficio e lavorando su quel computer quasi preistorico. Computer che in quel momento era bloccato, completamente bloccato.
La castana sbuffò e diede una rumorosa manata al case bianco, più per nervosismo che per provare a farlo funzionare.
Non era una bella giornata, decisamente no: la signora Corridori era in mutua ed era tutta la mattina che le persone lì presenti cercavano libri posizionati più in alto o direttamente ancora in magazzino, un sacco di libri non erano ancora rientrati nonostante il prestito fosse scaduto e Rachele continuava a sorriderle in un modo che riaccendeva la fiammella di speranza che Giulia stava facendo di tutto per estinguere. Non andava bene. Voleva solo tornare a casa e anestetizzarsi il cervello con qualsiasi merdata trasmettessero in tv, era mentalmente esausta.
Sospirò strofinandosi il viso con le mani.
Sentì bussare.
Nessuno bussava mai all'ufficio. -Cos'è successo ancora?- Chiese dirigendosi controvoglia verso la porta che poi aprì: la rossa stava diventando, lentamente, dal suo più bel sogno al suo più brutto incubo.
-Rachele.. C'è qualche problema?- Domandò sorpresa di vederla lì, spostandosi da un lato quando l'altra fece un passo avanti per entrare.
-Quindi è qui che ti nascondi quando non hai voglia di lavorare, uh?- Chiese l'altra con tono ironico, si guardava intorno con interesse, facendo vagare lo sguardo prima sulla scrivania disordinata, sulle pareti spoglie, sul divanetto ricoperto di stoffa blu e sul pezzo d'antiquariato sul quale poco prima Giulia stava tentando di lavorare. -Ne avevo uno così quando ero piccola.- Osservò infine, indicandolo con l'indice della mano destra. A Giulia scappò un sorriso divertito, per l'ennesima volta si stava arrendendo, la lotta interiore contro le sue emozioni finiva sempre con al parte razionale che perdeva rovinosamente.
-Credo sia lo stesso Computer che Garibaldi usò per reclutare i mille..- Scherzò la castana, indicò poi il divano -..E lì ha dormito.- Aggiunse, sentendosi inorgoglire quando l'altra ridacchiò alle sue parole.
L'atmosfera si era rilassata, o meglio, lei si era rilassata e questo non doveva essere passato inosservato all'altra perchè -Qualcosa non va? Mi sembra tu stia facendo di tutto per evitarmi..-
A quanto pareva era solo la quiete prima della tempesta. Era davvero così palese? Possibile che non riuscisse a fare nulla senza evitare di essere notata? -Non ti evito, è solo una tua impressione.- Rispose, non riuscendo, però, a guardare nella direzione della ragazza. Si avvicinò al computer -Stavo solo lavorando qui.- Terminò facendo spallucce.
Non era certa di essere pronta a rivelare quella cotta, di certo non era pronta ad un rifiuto secco, doveva prima.. Abituarsi all'idea.
-Ti infastidisco?- Tentò la rossa: quella doveva essere una tortura.
-No, ma ti pare?- Rispose Giulia, lasciandosi sfuggire un risolino nervoso.
-Ho fatto qualcosa che ti ha ferito? Urtato?Innervosito?-
-Cos.. No! Ma come ti viene in mente?- Perchè continuava ad insistere? La castana iniziò a chiedersi cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto ciò.
-Allora dimmelo tu, io non so davvero più cosa pensare.- La voce suonava così rassegnata, quasi malinconica e a Giulia si spezzò il cuore.
-E’ vero.- Ammise -Ti sto evitando ma non per qualcosa che hai fatto.. E’ che..- Provò, le parole non uscivano e Rachele la guardava con curiosità. -Ho questa.. Stupida, ridicola cotta per te.- Ammise alla fine, abbassando lo sguardo per evitare i suoi occhi. Era silenziosa e la stava guardando, quello sguardo sembrava volerla studiare, capire se ciò che aveva appena detto era la verità, quegli occhi chiari sembravano volerla spogliare di ogni scudo, di ogni difesa per poter vedere solo Giulia, solo la sua verità e lei non riusciva a reggerli in quel momento. -Penso tu sia bellissima e assolutamente troppo per me e quando sei qui non riesco a concentrarmi sul lavoro, perchè..- Non riuscì a finire la frase perchè in un sospiro quelle labbra che tanto aveva sognato furono sulle sue e le mani arpionarono i fianchi per tirarla più vicina a lei. Dio, il cuore le martellava impazzito nel petto. Si aspettava da un momento all'altro delle parole di circostanza, qualche banalissima scusa ed il classico “restiamo amiche, meglio” o qualcosa del genere ma quello che stava accadendo in quel momento.. Quello davvero non l'avrebbe previsto nemmeno con sfera di cristallo. Portò le mani dietro al collo della rossa e la tirò ancora più a sè. La sua bocca si aprì a lei: sapeva di cioccolato e di caffè e Giulia avrebbe tanto voluto ridere di quello e quella lingua era così.. insolente! Le porgeva la punta e poi tornava indietro e Giulia voleva solo averla tutta per sé, la faceva diventare impaziente, la faceva impazzire.
Pizzicò con i denti il labbro superiore e il gemito che ne uscì la lasciò senza fiato. Non poteva credere che stesse accadendo davvero, era certa si sarebbe svegliata da un momento all'altro a casa sua, nel suo letto, da sola.
Si sentì spingere da qualche parte ma non riusciva a pensare logicamente con quelle labbra che succhiavano il suo labbro inferiore in quel modo e lasciò che l'altra la trascinasse dove desiderava.
Sentì l'incavo dietro il ginocchio sbattere contro qualcosa e perse l'equilibrio, cadde sulla schiena contro qualcosa di.. Morbido..
Il divano, giusto.
Quelle mani aggrappate ai suoi fianchi artigliarono la felpa e la tirarono verso l'alto con decisione, con qualche difficoltà Giulia riuscì a sfilarsela e a buttarla da qualche parte, tornò poi, impaziente, a quelle labbra: le morse e segnó con le labbra il percorso fino al mento e morse anche quello, poi la linea del viso e infine scese su quel collo a inspirare l'odore della sua pelle così chiara. Morse e Rachele spinse i fianchi contro di lei e ansimò, facendo venire la pelle d'oca e i brividi alla castana. Passò poi la lingua nel punto che aveva morso, quasi a voler curare e baciò e succhiò la pelle che aveva tanto sognato mentre quel profumo era così intenso, lo sentiva così dentro di lei da farle quasi girare la testa; le sue mani, ben strette ai fianchi, si infilarono sotto il maglione: la sua pelle era così calda, così morbida.. non vedeva l'ora di poter poggiarci le labbra sopra.
-Toglilo.- il sussurro roco della rossa la lasciò senza fiato, provocandole un'onda di piacere tra le gambe. Giulia non se lo fece ripetere: afferrò il maglione e lo tirò fin sopra la sua testa aiutata dall'altra e, sollevandosi, si sfilò velocemente anche la t shirt. Si fermò un momento a guardare Rachele: era così bella, cosí bella.. il viso rosso, accaldato, le labbra gonfie, gli occhi quasi neri.. e il suo corpo! Aveva lentiggini sparse per tutte le braccia e l'addome e voleva assolutamente scoprire se ne aveva anche su quei piccoli seni .
La rossa si avventò nuovamente sulle sue labbra e le catturò tra le sue, le succhiò e le baciò finchè quelle mani si infilarono agilmente sotto al suo reggiseno. -Oddio.- Gemette sulle labbra di Rachele. Ad ogni movimento di quelle dita il suo ventre sussultava e le sue dita graffiavano quella schiena così candida facendola ansimare ad ogni graffio; le dita continuarono a salire lungo la schiena della rossa continuando a graffiare nel percorso fino ad arrivare all'apertura del reggiseno e lo aprì, facendolo poi scivolare lungo le braccia della sua compagna e gettandolo da qualche parte nella stanzetta. Dalla schiena mosse la punta delle dita verso i seni della rossa, stringendoli poi tra le mani.. Erano perfetti nelle sue mani e Giulia si chiese se per caso stesse sognando perchè era tutto così meraviglioso, un sogno. Sentì i capezzoli sfregare sui suoi palmi alla ricerca di più attenzioni.
Era ormai quasi impossibile riuscire a controllare i movimenti del bacino e ben presto i loro movimenti divennero convulsi: i fianchi continuavano a spingersi incontro in cerca di maggiore attrito e le loro mani toccavano, stringevano, graffiavano ogni lembo di pelle scoperto in modo quasi disperato, senza un vero senso logico, finchè le mani di Rachele non si infilarono scesero lungo l'addome della castana, infilandosi tra i loro corpi, fino ad arrivare all'apertura dei jeans: abbassò la zip e infilò con urgenza la mano negli slip. Giulia dovette soffocare un urlo mentre quelle dita scendevano velocemente tra le sue pieghe: Gesù, si sentiva così bagnata e quelle dita sembravano voler studiare e accarezzare tutta la sua intimità ignorando apposta il punto dove necessitava più del suo tocco e quando, finalmente, il medio della rossa iniziò a cerchiare il clitoride dovette aprire la bocca e respirare a fondo per non morire soffocata. Le spinte dei suoi fianchi aumentarono, diventavano sempre più forti e mirate per cercare maggiore contatto: voleva di più, necessitava di più ma sembrava non bastare mai. Giulia graffiò il tessuto ruvido del divano e trascinò la mano fino all'orlo dei pantaloni di Rachele mentre boccheggiava in ceca di aria e continuava a spingere in cerca di più contatto. Indossava una tuta, infilarvi la mano non fu difficile: era così bagnata, così calda.. Fece scivolare il palmo sul clitoride gonfio, in attesa.. Rachele quasi urlò al contatto. -Sss..shh..- La fermò: era tutto così eccitante, così dannatamente perfetto, non voleva rovinare tutto. Cerchiò il clitoride con il palmo mentre accarezzava l'entrata con le dita.
I loro sospiri continuavano ad aumentare,i loro seni continuavano a sfiorarsi alternandosi nei respiri. -Giulia..- Ansimò la rossa, mandando la castana fuori di testa. Si guardarono negli occhi e pensarono la stessa cosa. Si insinuarono una nell'altra e Rachele era così stretta intorno alle sue dita.. Stretta, calda e bagnata.. Uscì ed entrò con energia e la vide inarcare la schiena e stringere gli occhi. Sentiva le sue dita perfette dentro di sè, strinse i muscoli e gemette di più. I loro movimenti si uguagliavano, spingevano con la stessa intensità fin dalle primissime spinte e la castana aprì gli occhi per guardare lo spettacolo sopra di lei: la fronte imperlata dal sudore, le guance arrossate, il volto piegato dal piacere, i capelli completamente in disordine e quegli occhi.. Quegli occhi ormai quasi completamente neri… Oh.
Curvò le dita e tentò di aprirle, non fu facile.. Era così stretta.. Ne seguì uno spasmo, lo sguardo incredulo, un gemito profondo e quella fu un miracolo per gli occhi e le orecchie di Giulia che a quella vista sentì una spinta forte al ventre e si lasciò andare.
Non riusciva a muoversi, il cuore e i polmoni battevano come un martello pneumatico.
Rachele si alzò, Giulia non fece altro che guardarla sedendosi.
-..E adesso vediamo un po’ di farti capire quanto io ti consideri assolutamente alla mia altezza..- Disse: un sorriso quasi affamato sul suo volto.
La castana dovette regolare il respiro quando la vide sfilarle i pantaloni e inginocchiarsi davanti a lei: le baciò lentamente le gambe, saliva accarezzando on le labbra ogni lembo di pelle scoperta fino ad arrivare agli slip che sfilò. Giulia trattenne il fiato mentre l'altra le tirò le gambe più al bordo e la costrinse ad aprirle. -Oh… Cielo!- Mugulò quando la rossa non esitò a leccare il suo sesso dal basso verso l'alto. Proprio come quando baciava, quella lingua sapeva farsi amare ed odiare allo stesso tempo, era un'infinita tortura non riuscire ad ottenere ciò che voleva nemmeno spingendo i fianchi, mentre Rachele era come nel suo piccolo angolo di pace personale, aveva gli occhi chiusi e sembrava godersi ogni istante, ogni movimento della sua stessa lingua. Strinse forte il divano quando sentì il clitoride ancora stremato dall'orgasmo precedente venir succhiato e quando credeva di essere al limite, quella lingua impertinente entrò in lei. Calda, veloce. Le dita di Rachele andarono a cerchiare il clitoride e Giulia inarcò la schiena venendo per la seconda volta.
-Quindi dicevi… Perchè mi stavi evitando?- Quando la rossa si alzò e si leccò le labbra, pulendosi poi con una mano, la castana rise girandosi, sia per quello spettacolo che per la domanda: non mollava proprio mai, eh?
-Io.. Non me lo ricordo più.- Rise. Le sembrava di esser stata così stupida e così cieca, avrebbe davvero chiuso la porta a tutto quello? Non poteva, decisamente.
Actually, yeah.
Delete it.
Believe me, you’ll be fine
sometimes in conversation i'll say "delete tiktok" or "stop trusting people on tiktok" and it may sound like a joke in the context where i say it but im letting you know rn i 100% mean it every single time i say it and it has never been a joke
Writing advice from my uni teachers:
If your dialog feels flat, rewrite the scene pretending the characters cannot at any cost say exactly what they mean. No one says “I’m mad” but they can say it in 100 other ways.
Wrote a chapter but you dislike it? Rewrite it again from memory. That way you’re only remembering the main parts and can fill in extra details. My teacher who was a playwright literally writes every single script twice because of this.
Don’t overuse metaphors, or they lose their potency. Limit yourself.
Before you write your novel, write a page of anything from your characters POV so you can get their voice right. Do this for every main character introduced.
I really want to write a little story...
Like I have a notebook full of ideas but.. That’s it. Ideas.
Silvia Grav is a 19 year old photographer from Spain. Currently living in Madrid.
Silvia’s work is best described as “surreal”. Some would classify much of her work as creepy, strange, or scary, but these creations truly takes conceptual photography to new heights. We have seen the technique of combining multiple exposures many times before, however, Grav has a knack at combining elements of nature (waves, stars, clouds) in a way that is just captivating.
How would you describe your style?
I never quite know how to explain it. Aesthetically, I love analogue photography- dirty, scratched. I’ve been obsessed with the black & White that old photographs possess since I’ve discovered photography, but I don’t know why. I see very clear when I find beautiful imagery, but I ignore why I’ve acquired my style. I think that this is unconscious, a set of many influences that are impossible to differentiate.
By: Angela Butler from phlearn.com
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