|| In realtà è... non so guardare i film ||
Su “consiglio” di Spotify ho visto Femina Ridens, film thriller drammatico del 1969.
[La Trama] Il dottor Sayer, direttore di un istituto filantropico, in seguito a un trauma infantile è cresciuto col terrore dell'amplesso: teme che la donna si comporti, in amore, come la femmina di certi scorpioni, che uccide il maschio con cui s'è accoppiata. Il complesso ha fatto di lui un seviziatore di donne a pagamento: il macabro gioco si svolge, ogni fine settimana, nel suo appartamento, attrezzato con ogni sorta di strumenti di tortura. Un giorno, venutagli a mancare una delle sue solite "vittime" coglie l'occasione di una visita della segretaria, Mary, per ridurre la donna in suo potere. Torturandola, minacciandola ad ogni istante di morte e mostrandole le "prove" di precedenti "delitti", Sayer spinge Mary a tentare il suicidio. Da quel momento, però, qualcosa nell'uomo comincia a cambiare: sul punto di ucciderla davvero, s'accorge di essersi innamorato di lei, la quale è pronta a ricambiarlo. Dopo averle confessato di non avere mai ucciso nessuno, Sayer si getta fra le sue braccia ma, come aveva sempre temuto, per lui quell'atto sarà davvero fatale. Per Mary, invece, che recitando a perfezione la parte di vittima innocente, si era deliberatamente sostituita ad una delle solite donne di Sayer, la sua morte non sarà che l'ultimo di una serie di trionfi sugli uomini (Il cinematografo, https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/femina-ridens/22728/)
[Oltre il film] Ad aver catturato la mia attenzione è stata la rappresentazione del rapporto uomo-donna, tra Mary Erkström e il dottor Sayer. È un film che vorrebbe, forse, far riflettere sul modo di essere donna e uomo nella società di fine anni ’60. L’uomo è virilità, potenza, indipendenza mentre la donna è ingenuità, é un essere indifeso, carico di sensualità ed erotismo. Gli unici momenti in cui i ruoli vengono messi in discussione sono quando Sayer mostra la sua fragilità nell'innamorarsi di lei; e nel trionfo di Mary che si vendica e si emancipa da quella situazione reclutando lo stesso apparato concettuale del dottor Sayer: atteggiamenti da despota violento e suprematista, infatti è simbolica la sua frase: “Impara a vendicarti e distruggerli, giocando al loro stesso gioco. Vedrai come è piacevole”.
Secondo me il film mette in mostra “ciò che si dice sull'uomo e sulla donna in società". Riconosco che qua sta il punto di forza. La mia postura da studentessa però mi porta a essere polemica, in particolare sul finale: perché Mary ha ucciso il dottor Sayer? Perché poi consiglia di attuare la violenza? Non si poteva costruire una narrazione alternativa e proficua?
Il film ha collegamenti con la nostra contemporaneitá, non a caso il nostro tempo ha come focus: comprendere il funzionamento del rapporto uomo-donna, il ruolo della donna nella società, la sua emancipazione, il boicottaggio del patriarcato o il revival del “sesso debole”. Ad esempio, guardando alla contemporaneità ripenso al testo Cercando Rispetto (2005) dell’antropologo americano Philippe Bourgois che nel descrivere l’emancipazione delle donne del barrio di East Harlem, notava che la loro battaglia era declinata secondo parametri patriarcali. Le donne lottavano quotidianamente per ottenere assistenza per sé e per i privilegi, per conquistare posizioni di rilievo nell’economia underground della strada. Queste donne resistevano al dominio degli uomini uccidendo i propri mariti o rifiutando convivenze basate sul terrore. Bourgois ha voluto portare in evidenzia quelle contraddizioni insite nel processo di empancipazione. Ció mi spinge a chiedermi: si è destinati in eterno a soccombere alla logica win-lose e a replicare gli atteggiamenti da cui si cerca di prendere le distanze?
A me questo film ha lasciato molte perplessitá, soprattutto dal punto di vista del contenuto. Forse questa mia indisposizione nasce dal mio essere fin troppo impregnata di studi, invece dovrei inquadrare il film nella sua epoca storica e culturale. Ma ritorno sempre lì. Nonostante siano passati più di cinquant’anni il rapporto uomo-donna continua ad essere declinato attraverso il darwinismo sociale...
E mi convinco sempre di più che a cambiare non devono essere le persone, ma gli immaginari e le rappresentazioni.
| Memorie dal campo(santo) |
Da quando nonno è andato via frequento più spesso il cimitero. Prima ero solita andarci solo per la ricorrenza istituzionale, nei primi di novembre.
A ventiquattro anni, mi approccio a questo luogo con una mentalità diversa. Da una parte qui riposano i miei antenati, gli amici di famiglia e le persone che non ho conosciuto, dall'altra sono occasioni per riflettere su tematiche di ordine antropologico e sociale.
La morte e il dolore sono due concetti centrali nello studio dell’uomo. Ad esempio, Michelangelo Giampaoli nel saggio Paris. Una capitale alle porte della città dei morti studia il Pèere-Lachaise di Parigi. Si tratta del cimitero più conosciuto e visitato al mondo, dove «quotidianamente entrano ed escono differenti flussi di persone, soprattutto turisti data la presenza di monumenti in onore di persone famose (2011)», per citare qualche nome Oscar Wilde, Édith Piaf, Jim Morrison. Nel cimitero sono presenti pratiche a scopo commemorativo che economico: «all’interno del Pére-Lachaise domina un sistema di economia informale che ruota attorno» a bar, ristoranti o a coloro che si propongono di fare da «guida» turistica per addentrarsi nelle vie del cimitero.
Giugendo a me. Nel piccolo cimitero di paese che frequento sicuramente non possono verificarsi queste condizioni, dato lo scarso numero di fequentatori. Ciò che invece rintraccio è il particolare legame che si instaura tra chi resta e chi se ne va. È un legame che nasce dalla frequentazione e dal sentimento empatico verso le sofferenze altrui. I vivi alimentano l’esistenza di una persona, seppur non sia più presente a livello fisico. Ho sperimentato anch'io questa condizione.
Nel corridoio che porta alla tomba dei miei nonni paterni, si trova una ragazza a cui mia madre faceva il doposcuola. Ho iniziato ad affezionarmi a lei e alla sua storia senza averla mai conosciuta, "instaurando" un ricordo-immagine di lei. Comprendo solo adesso quanto questo luogo sia sottovalutato...
«L’evento-morte, la presenza del cadavere non è soltanto distruzione e crisi del senso ma, per certi versi, è all’origine della costruzione del significato dell’esistenza (Favole, Lingi 2004)».
In questi luoghi i vivi danno continuità alle esistenze interrotte. I frequentatori puliscono, ordinano e impreziosiscono le lapidi, gli altari e nel frattempo parlano e intavolano discorsi tra di loro che tra chi “sta lì”, riattualizzando così le persone e le loro storie:
«Se da un lato il morire è un processo disgregativo ed entropico, che introduce caos e disordine […] dall'altro – mediante i significati simbolici che riceve secondo modalità transculturalmente specifiche – esso genera forme sofisticate di organizzazione, ordina luoghi, connota spazi, costruisce cosmologie, orienta comportamenti: riannoda fili di senso sulla natura stessa della vita (2004)».
Bibliografia
Favole A., Ligi G., 2004, L'antropologia e lo studio della morte: credenze, riti, luoghi, corpi, politiche.
Giampaoli M., 2011, Paris. Una capitale alle porte della città dei morti, in Antropologi in città (a cura di Stefano Allovio).
23:59 12/07/21
Buonasera!
Grazie per la risposta. La attendevo ansiosamente ed è stato molto interessante leggerla. L'ho letta più volte per assicurarmi di aver colto al meglio il contenuto, spero di esserci riuscito anche se ammetto di non sentirmi alla tua altezza su queste tematiche perché è innegabile e palpabile il fatto che hai studiato molto, sull'argomento ne sai di gran lunga più di me. Devi sapere che io non ho svolto nessuno studio in materia. Ho solo una piccolissima infarinatura sulla psicologia perché ho letto un paio di libricini, non particolarmente impegnativi. Abbi pazienza nei miei confronti, te ne prego, sono solo una persona curiosa e che sta nutrendo puro interesse per questi temi, accoglimi come se fossi un tuo allievo.
Mi hai chiesto cosa ne penso a riguardo le logiche duali. Beh io credo che sia del tutto umano purtroppo, io stesso sento di avere queste tendenze. Parlo di tendenze ma credo che una mente educata ed istruita secondo una sana etica morale può tranquillamente contrastare senza sfociare in atteggiamenti barbari e ignoranti. Una cosa che non condivido a pieno (sicuramente per ignoranza, vorrai perdonarmi) è associarla esclusivamente alla cultura occidentale. Dal mio punto di vista questa logica è adottata da tutte le culture, africane, orientali e native americane, per lo meno da quel che mi pare di vedere, penso che nella storia più recente sicuramente quella occidentale ha prevalso in maniera selvaggia e senza scrupoli sulle altre. Ma comunque sia vorrei capirci meglio sull'argomento, se avresti qualche testo da consigliarmi (ovviamente non particolarmente impegnativo perché sono ignorante) lo accetto volentieri.
Volevo ringraziare inoltre l'utente Nusta che ha scritto cose davvero molto interessanti! Ho letto molto volentieri anche le sue considerazioni ed ho apprezzato tantissimo il fatto che abbia citato il contenuto di un libro. Se mi leggi, mi piacerebbe sapere anche la tua in merito su queste tematiche, sempre se ti va e se ti interessa (e sempre se posterai questo "ask").
Concludo augurandomi di essermi esposto bene e con la speranza di non averti annoiato o innervosito. Attendo con ansia una tua risposta!
Lettore anonimo SB.
Ciao Lettore anonimo SB,
Non annoi. Per me è sempre interessante discutere e ragionare con le persone. Inoltre, come ti avevo detto nella risposta di prima, non considerarmi chissà che. Non lo dico per fare la finta umile, odio le ipocrisie. Sono più per vederla in un rapporto alla pari, per scambiarci reciprocamente informazioni e punti di vista.
L’associavo all’Occidente, perché a me non piace parlare attraverso generalizzazioni. Ti citavo l’Occidente perché molti autori, che ho incontrato nel mio percorso accademico, mi hanno fatto arrivare a queste conclusioni. Penso alla mia tesi di laurea triennale, su un frate francescano spagnolo vissuto nel primo trentennio del 1500. Questo frate doveva diffondere in Messico i precetti religiosi cristiani. Giustamente gli indigeni locali non conoscevano lo spagnolo, e così usò le immagini sacre (madonne, cristi, scene della Bibbia) per facilitare l’indottrinamento religioso. Capisci bene la violenza a cui sono stati posti? E l’asimmetria di questo rapporto. Ovvio che non voglio santificare o guardare con pietismo i non-occidentali, ma se guardo a come si sono consumati i rapporti tra le due parti… sicuramente una parte prevale sull’altra.
E poi, non tutte le culture hanno le nostre stesse idee, concetti, modi di fare... possibilmente siamo “noi Occidentali” a introdurre nuovi elementi. Ripenso, ad esempio, allo studio dell’antropologo Maurice Leenhardt, che tra i Kayapo in Brasile, mostrava che non esisteva nella lingua locale il concetto di corpo:
«il corpo non è oggettivato in un dispositivo concettuale: nella loro lingua, manca un termine specifico per definire il “corpo” individuale che viene indicato come la “carne di qualcuno" (Pizza G., 2005, Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo)».
Non so se anche gli extra-occidentali la vedono così, adottano le stesse logiche.
Ad aggiornarci, ciau!
11.01 || 2 luglio
svalvo(la)-menti & l'ignorante coscienza
Ultimamente stanno proliferando, sul mio feed instagram, profili di influencers o, informalmente chiamati da me, simil-intellettuali 2.0 che portano avanti le loro idee in un modo che mi fa pensare. Questi hanno “l’obiettivo” di illuminare e guidare le coscienze, per emanciparle dallo stato di ignorantaggine.
Penso “Operazione nobile, no?”. “No!” (Scusate, ma colgo l’esortazione della mia prof. di Tecniche della ricerca etnografica mi ha sempre detto: “Non accontentatevi mai di come stanno le cose”).
Il motivo della mia disapprovazione dipende dal fatto che queste persone forniscono solo parzialmente i mezzi per l’emancipazione del pensiero critico. Nel momento in cui inculcano - estremizzo, concedetemelo - “questo è giusto da pensare” e quest’altro, invece, “non lo è”: si rafforza la polarizzazione del pensiero. Attraverso le ig stories e i post, gli intellettuali 2.0 offrono modelli e interpretazioni su come pensare e guardare la realtà, così facendo: dove si creano le occasioni per riflettere criticamente? E i momenti in cui i soggetti ripensano e si pongono, attiva-mente, verso quei contenuti?
NB: É sempre bene ricordare, da un punto di vista antropologico, che l’emancipazione o l’ignoranza sono costrutti culturali, dispositivi creati dagli uomini per definire prospettive e condizioni dello stare al mondo.
When continui a trascrivere e decidi di specificare “morosa”.
Lo so. Sarà uno scritto ad uso e consumo del Nord, per alcuni sarà inutile questa precisazione, ma OH:
1. sono sicula;
2. voglio provare l’ebbrezza dell’antropologo che annota tutto, come facevano quegli etnologi di fine ‘800 che, entrando in contatto con i popoli extra-occidentali, scrivevano monografie zeppe di note.
(ps: se qualcun* del Nord si sente di aggiungere altro, magari sull’etimologia, è ben accett*!)
|| 7 dicembre
Stavo pensando agli intellettuali di sinistra (che tanto sottolineo) o ai rappresentati di tale ideologia che partono dal presupposto che ciò che stanno facendo é virtuoso e moralmente valido perché "é di sinistra". Come si è arrivati ad accettare che quello che fanno e pensano é socialmente e culturalmente valido? Questo non é un attacco, quanto più una riflessione ad alta voce sull'impostazione delle categorie culturali e politiche del mio contesto sociale.
Mi chiedo, se questi netti posiziona-menti mi stanno facendo tralasciare possibilità, sperimentazioni o percorsi interpretativi.
| Se l’acqua calda venisse teorizzata |
Fino ad un certo punto della mia esistenza ho ritenuto che le estetiche, le mode e le tendenze si dividessero in due categorie: quelle della ‘massa’ e quelle ‘ricercate’. Con la frequentazione e l’osservazione dei contesti virtuali (odio questa parola ma è per intenderci) ho mutato di pensiero. Inizio a guardare la distinzione in maniera più critica, affermando che essa è semplice-mente un artificio culturale e che non tiene in considerazione la realtà odierna.
In tempi recenti, mi sono approcciata a nuovi universi (cinema, musica, letteratura) ritenendo che alcuni stili fossero di una cerchia “ristretta”, “unici” e di difficile accesso, ma quando ho iniziato a cercarli online: è emersa una solida rete di proseliti che si nutre ed alimenta questi contenuti (blog, video su Youtube, playlist).
Sicuramente verrò tacciata di ingenuità, ma credo che fino a pochi anni fa non era così.
C’è un preciso momento che ha portato all’omogeneizzazione delle estetiche: l’avvento di internet, che ha permesso di andare oltre il concetto di 'nicchia'. Ad “aggravare” ulteriormente la situazione interviene quel fastidioso e invasivo meccanismo di personalizzazione dei contenuti: se inizio a ‘likkare’ i post dedicati ai meme sui gattini mi piazzano tutti gli account e i profili correlati, andando a radicalizzare la mia identità e "ad aggiungerla" ad altre persone per quel principio di "in comune" o "nella mia cerchia".
In questo scenario, tutto può trasformarsi in comunità di seguaci e le demarcazioni saltano grazie agli hashtags o agli "account simili ".
A questo punto il rapporto tra oggetto e fruitore dovrebbe essere guardato con più sincerità e onestà. Quanto a me, dovrei togliere quell’aura di misticismo che aleggia intorno a certe forme "d'arte".
Cosa accadrebbe, se un nuovo resoconto agitasse le conclusioni desunte?
23:20 || 19 agosto || ripristina-menti
In questi giorni sto cercando di intraprendere nuove prospettive per approcciarmi a questa realtà satura di esistenze.
Nelle ultime settimane sto ascoltando e vedendo che tante persone rimangono impigliate in circoli viziosi che sembrano essere deleteri. E tra queste alcune mi fanno proprio alzare gli occhi al cielo, perché applico un riduzionismo di tipo cinico...
Ciononostante mi impongo di superare la superficialità. E mi metto in testa che vorrei spiegare un sacco di cose; usare quello che sto imparando dalla teoria per aiutare, per confortare; provare a spiegare come funziona la sofferenza che viene impressa dalla società (es. gli ideali, i desideri, rapporto uomo-donna); insomma di fornire mezzi per uscire dal destino triste a cui ci condanna il nostro contesto sociale.
Poi, però, mi ricordo che sto tralasciando un aspetto. Queste sono solo le mie volontà. Capisco che devo fermarmi e fare un passo indietro. Non posso avere la presunzione di limitare l'agentivitá altrui e plasmarla secondo il mio punto di vista. Inizio così a chiedermi: questa persona che ho davanti cosa si aspetta da me? Cosa mi sta comunicando? Cosa sta significando per lei questa condivisione? É solo un riferirmi il suo stato d'essere? Oppure dietro risiedono altri meccanismi o simboli che non riesco a cogliere?
Lista de-gli apprendi-menti
life disegn
counseling
from score to stories
mito dell'interiorità
14/07/21 20:05
Buonasera appuntidicampo! Qui il tuo lettore anonimo SB.
Mi sono preso un po' di tempo per leggere la tua risposta con calma per poterti rispondere con attenzione in modo da potermi esporre al meglio la mia idea.
La tua tesi di laurea triennale mi sembra molto interessante e dall'esempio che hai apportato devo dire che non sono rimasto particolarmente meravigliato dal fatto che da parte di alcuni esponenti religiosi cristiani, pur di arrivare all'indottrinamento religioso, abbiano addottato dei mezzi così futili come delle immagini, d'altronde è risaputo che ci sono stati metodi molto più brutali e violenti pur di arrivare allo scopo, ma questo penso sia un altro discorso di cui potremmo parlarne per giorni. Volevo però sapere di più a riguardo all'esempio che mi hai citato. Come hanno accolto inizialmente gli indigeni le informazioni che gli venivano passate? Hanno accolto di loro spontanea volontà la fede Cristiana?
Il mio punto di vista comunque sul rapporto tra occidentali e il resto del globo rimane quello che ti ho citato nel "ask" precedente, che rimane comunque abbastanza concorde con il tuo. Gli occidentali hanno avuto in passato la tendenza di prevalere e schiacciare le altre culture e temo che sia tutt'ora così, anche se probabilmente il tutto viene camuffato un pochino di più. La cosa mi fa pensare a un'altra caratteristica dell'essere umano. Essere più sviluppati a livello tecnologico lo fa sentire superiore agli altri, anche se, a mio umilissimo parere da persona totalmente ignorante in materia, ho l'impressione che ci renda meno autosufficienti... Eccolo un altro argomento che mi piacerebbe approfondire e sapere cosa ne pensi tu e cosa dicono i tuoi studi sull'antropologia: spesso osservo la mia sorellina, ci passiamo 13anni, attualmente ora lei ne ha 10. Ho l'impressione che la tecnologia le stia offuscando parecchio la mente sulla percezione della realtà, ma ho notato osservando gli altri bambini suoi coetanei che purtroppo è un problema molto frequente. Mi chiedevo, quali saranno i disagi culturali e sociali degli adulti di domani? In antropologia sono stati fatti degli studi in merito, delle previsioni? Spero sia chiara la domanda e di aver sollevato un quesito che sia inerente alla tua materia di studi.
In conclusione, volevo chiederti se ti trovi bene a scambiarci opinioni tramite degli ask anonimi. Se preferisci ti posso contattare in privato e continuiamo i nostri confronti lì. Per favore però non dirmi "vedi te per me è uguale" e lasciare a me la scelta, il blog è il tuo ed ho il timore che i miei ask possano contaminare secondo la tua percezione lo stile del tuo blog.. grazie per la tua attenzione e buona serata!
Lettore anonimo SB
Ciao Lettore anonimo SB,
E' sempre un piacere leggerti e che trovi tempo per articolare al meglio i tuoi pensieri. Tranquillo, non contamini, i tuoi contributi "abbeliscono" e arricchiscono il mio blog, stimolando alla riflessione.
Con la tua risposta, sollevi molteplici questioni che richiedono tempo e studi, adesso non ho risposte. Spero che comprenderai: ti aggiornerò nei giorni successivi o sennò sentiti libero di contattarmi in privato, per una risposta più immediata e fluida. Anche se, ritengo che sia produttivo e interessante creare dibattiti pubblici, per coinvolgere un bacino più ampio di gente, come è stato nel post sulla vittoria italiana del campionato europeo.
Ag aggiornar(c)i.